Trascrizione del podcast
Benvenuta e benvenuto al terzo podcast del corso “DALLA LEADERHIP ALLA RELAZIONE INFLUENZANTE” di Logosme; io sono Marta Trevisan e con me c’è Eliana Pellegrini.
Nel podcast precedente abbiamo parlato di potere e potere personale e abbiamo sfiorato il tema del saper ispirare e ingaggiare gli altri.
Oggi facciamo focus proprio su questo topic perché è legato in modo molto stretto al concetto di potere personale.
Durante le mie esperienze di coaching con manager, quello che ho visto è che meno le persone erano consapevoli della loro potenza in termini di capacità di influenzamento degli altri, tanto meno mettevano in atto comportamenti che effettivamente ispiravano e ingaggiavano gli altri a partecipare ai progetti di cui erano leader.
Insomma, un’osservazione sul campo di quello che noi psicologi chiamiamo “effetto Pigmalione”!
Come scrive Otto Sharmer, andare all’origine del proprio potere interiore, arrivare alla sorgente è lo step necessario per essere in grado di influenzare gli altri, indipendentemente dalla relazione gerarchica che ci lega ad essi.
Suona così astratto, poco concreto!
Può sembrare così! Sai che succede quando parlo di “ispirare” con miei coachee? Il più delle volte piegano la testa di lato, mi guardano dritto negli occhi, storcendo un po’ la bocca e dicono: ispirare c’entra poco con me, che sono project manager di un’azienda del settore metalmeccanico.
È certo che se quando sentiamo la parola “ispirare” ci si accende immediatamente il file audio del discorso di Steve Jobs è chiaro che il primo pensiero che viene in mente è: Ma quanti K.L. King, Steve Jobs, Ghandi possono esistere al mondo?
Quando uso, anche in modo provocatorio, il termine “ispirare” in azienda mi rivolgo proprio a tutte quelle persone alle quali viene chiesto di instaurare relazioni influenzanti per raggiungere risultati insieme ad altri che non rispondono a loro in modo gerarchico. Mi rivolgo a quelle persone, in definitiva, che non possono fare affidamento ad altre leve per far progredire i progetti e raggiungere goal se non alla connessione con il proprio potere personale, agito attraverso il saper ispirare e ingaggiare gli stakeholder. Insomma ai vari project manager, project leader, focal point leader…
Queste persone, queste donne e questi uomini che non possono utilizzare il “potere gerarchico” sono i “pionieri” di quelle che saranno le organizzazioni basate sulla leadership diffusa e partecipativa.
Se non si può usare la leva gerarchica per fare in modo che le persone facciano ciò che è necessario…a questo punto si potrebbe pensare che non mi rimanga altro che la manipolazione!
Che però non ha una connotazione positiva, anzi è un’azione eticamente scorretta in una relazione di fiducia come quella che dovrebbe essere fra leader e follower. Perciò manipolare e ispirare non vanno confuse!
La definizione di “manipolare” che si trova nei dizionari è: “preparare mediante impasto o miscelazione” (e questo rimanda ad un concetto di artificio); oppure “manovrare abilmente”, o ancora “alterare a proprio vantaggio, a scopi tendenziosi o addirittura truffaldini”.
Il fatto è che, come scrive Simon Sinek, “le manipolazioni generano transazioni, non fedeltà”. Nel commercio, le promozioni, gli sconti, i ribassi possono essere definiti delle manipolazioni che spingono i clienti ad acquistare e non necessitano la reiterazione del comportamento. Le manipolazioni funzionano, certo per influenzare il comportamento altrui, ma non per fidelizzare. Funzionano per un risultato a breve termine, per un singolo evento.
In un rapporto capo/collaboratore, è un atto di manipolazione tutte le volte che, per convincere una persona a partecipare ad un progetto, il capo mette il focus soltanto sui lati positivi, sui vantaggi, fa vedere i lustrini insomma. E omette volontariamente gli sforzi, gli ostacoli, l’impegno che verrà richiesto. E, inoltre, non stiamo ispirando anche tutte le volte che non parliamo dei nostri “perché”!
Secondo il modello del Cerchio d’oro di Simon Sinek per poter ingaggiare le persone a seguirci nel raggiungere obiettivi, bisogna parlare loro partendo dal perché, cioè dallo scopo che ci muove.
Dobbiamo raccontare agli altri qual è il nostro Noble Goal, come direbbe Freedman di SixSeconds.
Ma, andiamo per passi e ritorniamo al modello del Cerchio d’Oro che, secondo Sinek, è in grado di spiegare come riuscire ad ispirare l’azione invece che manipolare le persone per convincerle ad agire.
Immagina un cerchio, con tre livelli concentrici: il processo di ispirazione inizia dall’interno e procede verso l’esterno; tutto inizia dal perché!
Il cerchio più esterno è quello de “IL CHE COSA”: ognuno di noi sa descrivere cosa fa, qual è il suo job title, quali sono i processi a cui appartiene, quante persone coordina, che prodotti o servizi offre la sua organizzazione. Il che cosa è facile da identificare. Facciamo macchine automatiche, vendiamo case, facciamo corsi di formazione.
Il livello di mezzo è quello del “COME”: Il come è ciò che consente alle persone di definire la qualità di ciò che fanno. È il modo in cui i manager possono descrivere ai loro collaboratori il processo che devono seguire per raggiungere lo standard di qualità desiderato. Spesso “i come” possono essere considerati come la fonte che motiva le scelte e le azioni dei collaboratori: se spiego loro quanto bello sarà il nostro prodotto, grazie a come lavoreranno, allora saranno ingaggiati e mi seguiranno. Ma manca ancora un tassello.
È il cerchio più interno, quello del “PERCHÈ”: il saper raccontare con chiarezza perché facciamo ciò che facciamo non è frequente. Nel Cerchio d’oro quando si parla del “perché” non ci si riferisce al risultato (che può essere il guadagno, l’utile, crescere nell’inquadramento contrattuale). Ci si riferisce alla convinzione profonda che spinge ad operare, al noble goal. Che possiamo trovare rispondendo a domande del tipo: Perché mi alzo dal letto ogni mattina? E perché dovrebbe importare a qualcuno? Queste domande richiedono risposte molto profonde ed è per questo che spesso le persone non comunicano partendo dal loro perché: richiede una certa dose di coraggio sapersi dire qual è l’eredità che vogliamo lasciare!
Tuttavia, lo sforzo che richiede il pensare al nostro “perché” verrà ripagato dalla capacità di ispirare gli altri e dall’avere degli alleati per raggiungere la nostra visione!
Se hai domande o vuoi qualche approfondimento in più, scrivici: saremo felici di risponderti! Nel prossimo podcast parleremo del management dell’errore.
Grazie per averci ascoltato da Marta Trevisan ed Eliana Pellegrini. Al prossimo podcast!
Seguiteci sui social e visitate il sito www.logosme.it.
- PARTE 1
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Benvenuta e benvenuto al terzo podcast del corso “DALLA LEADERHIP ALLA RELAZIONE INFLUENZANTE” di Logosme; io sono Marta Trevisan e con me c’è Eliana Pellegrini.
Nel podcast precedente abbiamo parlato di potere e potere personale e abbiamo sfiorato il tema del saper ispirare e ingaggiare gli altri.
Oggi facciamo focus proprio su questo topic perché è legato in modo molto stretto al concetto di potere personale.
Durante le mie esperienze di coaching con manager, quello che ho visto è che meno le persone erano consapevoli della loro potenza in termini di capacità di influenzamento degli altri, tanto meno mettevano in atto comportamenti che effettivamente ispiravano e ingaggiavano gli altri a partecipare ai progetti di cui erano leader.
Insomma, un’osservazione sul campo di quello che noi psicologi chiamiamo “effetto Pigmalione”!
Come scrive Otto Sharmer, andare all’origine del proprio potere interiore, arrivare alla sorgente è lo step necessario per essere in grado di influenzare gli altri, indipendentemente dalla relazione gerarchica che ci lega ad essi.
Suona così astratto, poco concreto!
Può sembrare così! Sai che succede quando parlo di “ispirare” con miei coachee? Il più delle volte piegano la testa di lato, mi guardano dritto negli occhi, storcendo un po’ la bocca e dicono: ispirare c’entra poco con me, che sono project manager di un’azienda del settore metalmeccanico.
È certo che se quando sentiamo la parola “ispirare” ci si accende immediatamente il file audio del discorso di Steve Jobs è chiaro che il primo pensiero che viene in mente è: Ma quanti K.L. King, Steve Jobs, Ghandi possono esistere al mondo?
- PARTE 2
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Quando uso, anche in modo provocatorio, il termine “ispirare” in azienda mi rivolgo proprio a tutte quelle persone alle quali viene chiesto di instaurare relazioni influenzanti per raggiungere risultati insieme ad altri che non rispondono a loro in modo gerarchico. Mi rivolgo a quelle persone, in definitiva, che non possono fare affidamento ad altre leve per far progredire i progetti e raggiungere goal se non alla connessione con il proprio potere personale, agito attraverso il saper ispirare e ingaggiare gli stakeholder. Insomma ai vari project manager, project leader, focal point leader…
Queste persone, queste donne e questi uomini che non possono utilizzare il “potere gerarchico” sono i “pionieri” di quelle che saranno le organizzazioni basate sulla leadership diffusa e partecipativa.
Se non si può usare la leva gerarchica per fare in modo che le persone facciano ciò che è necessario…a questo punto si potrebbe pensare che non mi rimanga altro che la manipolazione!
Che però non ha una connotazione positiva, anzi è un’azione eticamente scorretta in una relazione di fiducia come quella che dovrebbe essere fra leader e follower. Perciò manipolare e ispirare non vanno confuse!
La definizione di “manipolare” che si trova nei dizionari è: “preparare mediante impasto o miscelazione” (e questo rimanda ad un concetto di artificio); oppure “manovrare abilmente”, o ancora “alterare a proprio vantaggio, a scopi tendenziosi o addirittura truffaldini”.
Il fatto è che, come scrive Simon Sinek, “le manipolazioni generano transazioni, non fedeltà”. Nel commercio, le promozioni, gli sconti, i ribassi possono essere definiti delle manipolazioni che spingono i clienti ad acquistare e non necessitano la reiterazione del comportamento. Le manipolazioni funzionano, certo per influenzare il comportamento altrui, ma non per fidelizzare. Funzionano per un risultato a breve termine, per un singolo evento.
In un rapporto capo/collaboratore, è un atto di manipolazione tutte le volte che, per convincere una persona a partecipare ad un progetto, il capo mette il focus soltanto sui lati positivi, sui vantaggi, fa vedere i lustrini insomma. E omette volontariamente gli sforzi, gli ostacoli, l’impegno che verrà richiesto. E, inoltre, non stiamo ispirando anche tutte le volte che non parliamo dei nostri “perché”!
- PARTE 3
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Secondo il modello del Cerchio d’oro di Simon Sinek per poter ingaggiare le persone a seguirci nel raggiungere obiettivi, bisogna parlare loro partendo dal perché, cioè dallo scopo che ci muove.
Dobbiamo raccontare agli altri qual è il nostro Noble Goal, come direbbe Freedman di SixSeconds.
Ma, andiamo per passi e ritorniamo al modello del Cerchio d’Oro che, secondo Sinek, è in grado di spiegare come riuscire ad ispirare l’azione invece che manipolare le persone per convincerle ad agire.
Immagina un cerchio, con tre livelli concentrici: il processo di ispirazione inizia dall’interno e procede verso l’esterno; tutto inizia dal perché!
Il cerchio più esterno è quello de “IL CHE COSA”: ognuno di noi sa descrivere cosa fa, qual è il suo job title, quali sono i processi a cui appartiene, quante persone coordina, che prodotti o servizi offre la sua organizzazione. Il che cosa è facile da identificare. Facciamo macchine automatiche, vendiamo case, facciamo corsi di formazione.
Il livello di mezzo è quello del “COME”: Il come è ciò che consente alle persone di definire la qualità di ciò che fanno. È il modo in cui i manager possono descrivere ai loro collaboratori il processo che devono seguire per raggiungere lo standard di qualità desiderato. Spesso “i come” possono essere considerati come la fonte che motiva le scelte e le azioni dei collaboratori: se spiego loro quanto bello sarà il nostro prodotto, grazie a come lavoreranno, allora saranno ingaggiati e mi seguiranno. Ma manca ancora un tassello.
È il cerchio più interno, quello del “PERCHÈ”: il saper raccontare con chiarezza perché facciamo ciò che facciamo non è frequente. Nel Cerchio d’oro quando si parla del “perché” non ci si riferisce al risultato (che può essere il guadagno, l’utile, crescere nell’inquadramento contrattuale). Ci si riferisce alla convinzione profonda che spinge ad operare, al noble goal. Che possiamo trovare rispondendo a domande del tipo: Perché mi alzo dal letto ogni mattina? E perché dovrebbe importare a qualcuno? Queste domande richiedono risposte molto profonde ed è per questo che spesso le persone non comunicano partendo dal loro perché: richiede una certa dose di coraggio sapersi dire qual è l’eredità che vogliamo lasciare!
Tuttavia, lo sforzo che richiede il pensare al nostro “perché” verrà ripagato dalla capacità di ispirare gli altri e dall’avere degli alleati per raggiungere la nostra visione!
Se hai domande o vuoi qualche approfondimento in più, scrivici: saremo felici di risponderti! Nel prossimo podcast parleremo del management dell’errore.
Grazie per averci ascoltato da Marta Trevisan ed Eliana Pellegrini. Al prossimo podcast!
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Chi siamo
La Dott.ssa Eliana Pellegrini è psicologa iscritta all’albo degli psicologi dell’Emilia Romagna, psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale, formatrice e senior HR consultant.
La Dott.ssa Marta Trevisan è psicologa del Lavoro (Albo degli Psicologi dell’Emilia Romagna) e coach associata ad ICF (International Coach Federation).