Trascrizione del podcast
Eliana: Benvenuta e benvenuto al quarto podcast del “DALLA LEADERHIP ALLA RELAZIONE INFLUENZANTE” di Logosme, io sono Eliana Pellegrini e con me Marta Trevisan. Ciao Marta e benvenuta anche a te.
Eliana: Oggi parliamo di errore e di come l’errore viene percepito dalle persone e dalle organizzazioni. Perché le organizzazioni sono una costruzione dell’interazione umana e in quanto tale ha regole sovraordinate che ne determinano il funzionamento.
Quando parleremo di credenze o belief rispetto all’errore ci rivolgiamo alla persona ma anche all’Organizzazione perché dentro a termini quali valori e cultura organizzativa, risiedono credenze esplicite o implicite. Questi belief personali e organizzativi possono favorirci o meno nella possibilità di apprendere dall’errore.
Eliana: Può essere logico e deduttivo pensare che l’obiettivo sia quello di eliminare l’errore, ma l’essere umano, non è una macchina, anche se dotato di un formidabile strumento che il cervello, non può eliminare l’errore.
La lotta di ognuno di noi e dunque delle Organizzazioni per eliminare l’errore è persa in partenza per 2 motivi:
il primo è di ordine genetico fisiologico: il modo di apprendere degli esseri umani è un metodo strutturato per prove ed errori. Lo sviluppo dell’individuo e del genere umano è intimamente collegato con il provare a fare qualcosa di nuovo, fare errori, riprovare e apprendere. E ogni nuova azione include goffi tentativi ed è molto incline all’errore.
Un esempio: si dice: Facile, come andare in biciletta!
Ma quante volte siamo caduti prima di riuscire a trovare il baricentro giusto? E quante volte siamo andati troppo veloci o troppo lenti e siamo caduti? E quante volte avete fatto una discesa o una salita troppo ripida cadendo? E quante volte invece siete riusciti? E infine quante volte, così sicuri delle nostre capacità ci siamo distratti e siamo caduti?
Perché il secondo modo che ci lega all’errore è proprio questo! Una volta che abbiamo appreso dedicando l’attenzione massima all’azione che ci consente di raggiungere l’obiettivo, ci “riprendiamo” l’attenzione, che è una risorsa limitata e preziosa e:
o la risparmiamo con il riposo oppure la dedichiamo ad altro, perché tanto lo sappiamo fare ed ecco. Lì sbagliamo, Si, la distrazione data dalla competenza e dall’esperienza crea errori, la distrazione data dalla stanchezza crea errori, la noia data dalla ripetizione crea errori.
Marta: la prevenzione dell’errore è una dimensione fondamentale anche perché, un’importate parte della prevenzione degli errori riguarda quelli dovuti alla distrazione. Lo studio della prevenzione degli errori ha portato a una redistribuzione ottimale dei turni, delle pause e dei carichi di lavoro.
Eliana: L’idea di dover eliminare l’errore e quella che Beck descriverebbe come credenza irrazionale in noi suona circa così:
“l’errore è una cosa sbagliata, se uno sbaglia significa che non è capace di fare quello che sta facendo”
le credenze sono i nostri libretti di istruzione che ci guidano verso degli scopi. Sono descritte da Beck, uno dei padri fondatori della psicologia cognitiva, come proposizioni assolute, durature e globali su se stessi, gli altri e il mondo. fungono da mappe interne che consentono di attribuire un senso al mondo. Si costruiscono in noi nell’infanzia e vengono generalizzate attraverso l’esperienza.
Eliana: pensa, ad esempio, ad una credenza di questo tipo: “io non devo sbagliare, l’errore è un fallimento e significa che non valgo nulla”. Con una credenza così, lo scopo verso il quale orienterò le mie azioni sarà volto ad evitare qualsiasi errore e nel momento in cui questo accade provocherà in me emozioni di tristezza, delusione personale e infine sentimenti di inadeguatezza e fallimento. Questi vissuti sono a volte così insopportabili che hanno come esito l’evitamento attivo di esperienze nuove dove il margine di errore è maggiore. Una credenza così, caratterizzerà un’azione portata alla ripetizione su sentieri conosciuti e una reticenza più o meno profonda verso il nuovo e ancora di più verso la sperimentazione e l’innovazione.
Marta: una persona diversa, poterebbe avere un altro tipo di credenza, rispetto all’errore: del tipo “mi miglioro e mi sento viva se, e solo se faccio e imparo nuove cose, l’errore è piccolo dettaglio del percorso”. Lo scopo verso cui orienterò le mie azioni riguarda il continuo cambiamento, l’innovazione. L’azione prima di tutto.
Eliana: La conseguenza è una certa non curanza dell’errore, e l’evitamento di situazioni che anche temporaneamente possono essere statiche o ripetitive perché producono emozioni di rabbia e sentimenti di inadeguatezza e frustrazione. Se vissuta in modo totalizzante, una credenza così può determinare l’incapacità di gestire la frustrazione della ripetizione o l’incapacità di approfondimento e di analisi che richiede riflessività.
Eliana: Ora, abbiamo detto che l’Organizzazione è un “prodotto” dell’associarsi dell’uomo e come tale ne ricalca le modalità, pregi, difetti e paure e ha alla base delle credenze/valori e su di essi fonda una tipologia di cultura.
Da diversi anni le teorie organizzative della gestione dell’errore hanno cambiato e sviluppato la percezione delle aziende verso l’errore.
Frese e Keith affermano che ogni organizzazione si confronta con l’errore. Molti errori sono corretti facilmente, ma alcuni portano a conseguenze negative. A volte le organizzazioni focalizzano le strategie sulla prevenzione dell’errore come singola strategia per gestirlo. La prevenzione dell’errore necessita di essere implementata dalla gestione dell’errore, un approccio diretto all’effettiva gestione dopo che è accaduto, grazie ad azioni dirette di rapido rilevamento dell’errore e gestione del danno con l’obiettivo di minimizzare gli effetti negativi, quali ad esempio gli errori a cascata e massimizzare le possibilità di avere dei vantaggi dall’errore come ad esempio l’apprendimento, l’aumento delle successive performance e dell’innovazione.
Ha senso allora ricordare a cosa servono gli errori a noi esseri umani e ribadire e strutturare forme di apprendimento e formazione basate sull’analisi dell’errore, visto che le ricerche sull’apprendimento mostrano quanto l’apprendimento stesso sia duraturo e profondo quando si basa sulla possibilità di sperimentare, anche solo in simulazione, l’errore.
Quando si parla di ruoli influenzati e di sviluppo di ruoli influenzanti, una Organizzazione che voglia sviluppare la cultura dell’errore, dovrebbe farsi domande del tipo: “nei miei manager o futuri tali, come risuona internamente il concetto di errore?” perché da questo dipenderà come viene trasmesso ai collaboratori il sentimento di poter sbagliare e da questo dipenderà il loro comportamento di fronte all’inevitabile errore proprio o dei collaboratori.
Un’altra domanda interessante che ci si può porre è: “come posso far convergere la cultura dell’errore della mia organizzazione con quella delle persone che la compongono?”.
Marta: l’organizzazione può incrementare uno stile di formazione che preveda la sperimentazione dell’errore. E Per i ruoli influenzanti, anche strumenti più sottili e individuali che possono agire in modo diretto o indiretto e soprattutto rapido sulle Credenze delle persone quali ad esempio: percorsi di coaching, e consulenziali.
Questi strumenti hanno la capacità di aiutare le persone ad allineare i propri valori interni verso quelli dell’Organizzazione, limando caratteristiche interne che potrebbero risultare limitanti o bloccanti.
—stacco musicale—
Eliana: Se hai domande o vuoi qualche approfondimento in più, scrivici: saremo felici di risponderti! Nel prossimo podcast parleremo di fiducia e controllo.
Marta: Grazie per averci ascoltate da Marta Trevisan da Eliana Pellegrini di Logosme. Seguiteci sui social e visitate il sito www.logosme.it.
Alla prossima puntata.
- PARTE 1
-
Eliana: Benvenuta e benvenuto al quarto podcast del “DALLA LEADERHIP ALLA RELAZIONE INFLUENZANTE” di Logosme, io sono Eliana Pellegrini e con me Marta Trevisan. Ciao Marta e benvenuta anche a te.
Eliana: Oggi parliamo di errore e di come l’errore viene percepito dalle persone e dalle organizzazioni. Perché le organizzazioni sono una costruzione dell’interazione umana e in quanto tale ha regole sovraordinate che ne determinano il funzionamento.
Quando parleremo di credenze o belief rispetto all’errore ci rivolgiamo alla persona ma anche all’Organizzazione perché dentro a termini quali valori e cultura organizzativa, risiedono credenze esplicite o implicite. Questi belief personali e organizzativi possono favorirci o meno nella possibilità di apprendere dall’errore.
Eliana: Può essere logico e deduttivo pensare che l’obiettivo sia quello di eliminare l’errore, ma l’essere umano, non è una macchina, anche se dotato di un formidabile strumento che il cervello, non può eliminare l’errore.
La lotta di ognuno di noi e dunque delle Organizzazioni per eliminare l’errore è persa in partenza per 2 motivi:
il primo è di ordine genetico fisiologico: il modo di apprendere degli esseri umani è un metodo strutturato per prove ed errori. Lo sviluppo dell’individuo e del genere umano è intimamente collegato con il provare a fare qualcosa di nuovo, fare errori, riprovare e apprendere. E ogni nuova azione include goffi tentativi ed è molto incline all’errore.
Un esempio: si dice: Facile, come andare in biciletta!
Ma quante volte siamo caduti prima di riuscire a trovare il baricentro giusto? E quante volte siamo andati troppo veloci o troppo lenti e siamo caduti? E quante volte avete fatto una discesa o una salita troppo ripida cadendo? E quante volte invece siete riusciti? E infine quante volte, così sicuri delle nostre capacità ci siamo distratti e siamo caduti?
Perché il secondo modo che ci lega all’errore è proprio questo! Una volta che abbiamo appreso dedicando l’attenzione massima all’azione che ci consente di raggiungere l’obiettivo, ci “riprendiamo” l’attenzione, che è una risorsa limitata e preziosa e:
o la risparmiamo con il riposo oppure la dedichiamo ad altro, perché tanto lo sappiamo fare ed ecco. Lì sbagliamo, Si, la distrazione data dalla competenza e dall’esperienza crea errori, la distrazione data dalla stanchezza crea errori, la noia data dalla ripetizione crea errori.
- PARTE 2
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Marta: la prevenzione dell’errore è una dimensione fondamentale anche perché, un’importate parte della prevenzione degli errori riguarda quelli dovuti alla distrazione. Lo studio della prevenzione degli errori ha portato a una redistribuzione ottimale dei turni, delle pause e dei carichi di lavoro.
Eliana: L’idea di dover eliminare l’errore e quella che Beck descriverebbe come credenza irrazionale in noi suona circa così:
“l’errore è una cosa sbagliata, se uno sbaglia significa che non è capace di fare quello che sta facendo”
le credenze sono i nostri libretti di istruzione che ci guidano verso degli scopi. Sono descritte da Beck, uno dei padri fondatori della psicologia cognitiva, come proposizioni assolute, durature e globali su se stessi, gli altri e il mondo. fungono da mappe interne che consentono di attribuire un senso al mondo. Si costruiscono in noi nell’infanzia e vengono generalizzate attraverso l’esperienza.
Eliana: pensa, ad esempio, ad una credenza di questo tipo: “io non devo sbagliare, l’errore è un fallimento e significa che non valgo nulla”. Con una credenza così, lo scopo verso il quale orienterò le mie azioni sarà volto ad evitare qualsiasi errore e nel momento in cui questo accade provocherà in me emozioni di tristezza, delusione personale e infine sentimenti di inadeguatezza e fallimento. Questi vissuti sono a volte così insopportabili che hanno come esito l’evitamento attivo di esperienze nuove dove il margine di errore è maggiore. Una credenza così, caratterizzerà un’azione portata alla ripetizione su sentieri conosciuti e una reticenza più o meno profonda verso il nuovo e ancora di più verso la sperimentazione e l’innovazione.
Marta: una persona diversa, poterebbe avere un altro tipo di credenza, rispetto all’errore: del tipo “mi miglioro e mi sento viva se, e solo se faccio e imparo nuove cose, l’errore è piccolo dettaglio del percorso”. Lo scopo verso cui orienterò le mie azioni riguarda il continuo cambiamento, l’innovazione. L’azione prima di tutto.
Eliana: La conseguenza è una certa non curanza dell’errore, e l’evitamento di situazioni che anche temporaneamente possono essere statiche o ripetitive perché producono emozioni di rabbia e sentimenti di inadeguatezza e frustrazione. Se vissuta in modo totalizzante, una credenza così può determinare l’incapacità di gestire la frustrazione della ripetizione o l’incapacità di approfondimento e di analisi che richiede riflessività.
- PARTE 3
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Eliana: Ora, abbiamo detto che l’Organizzazione è un “prodotto” dell’associarsi dell’uomo e come tale ne ricalca le modalità, pregi, difetti e paure e ha alla base delle credenze/valori e su di essi fonda una tipologia di cultura.
Da diversi anni le teorie organizzative della gestione dell’errore hanno cambiato e sviluppato la percezione delle aziende verso l’errore.
Frese e Keith affermano che ogni organizzazione si confronta con l’errore. Molti errori sono corretti facilmente, ma alcuni portano a conseguenze negative. A volte le organizzazioni focalizzano le strategie sulla prevenzione dell’errore come singola strategia per gestirlo. La prevenzione dell’errore necessita di essere implementata dalla gestione dell’errore, un approccio diretto all’effettiva gestione dopo che è accaduto, grazie ad azioni dirette di rapido rilevamento dell’errore e gestione del danno con l’obiettivo di minimizzare gli effetti negativi, quali ad esempio gli errori a cascata e massimizzare le possibilità di avere dei vantaggi dall’errore come ad esempio l’apprendimento, l’aumento delle successive performance e dell’innovazione.
Ha senso allora ricordare a cosa servono gli errori a noi esseri umani e ribadire e strutturare forme di apprendimento e formazione basate sull’analisi dell’errore, visto che le ricerche sull’apprendimento mostrano quanto l’apprendimento stesso sia duraturo e profondo quando si basa sulla possibilità di sperimentare, anche solo in simulazione, l’errore.
Quando si parla di ruoli influenzati e di sviluppo di ruoli influenzanti, una Organizzazione che voglia sviluppare la cultura dell’errore, dovrebbe farsi domande del tipo: “nei miei manager o futuri tali, come risuona internamente il concetto di errore?” perché da questo dipenderà come viene trasmesso ai collaboratori il sentimento di poter sbagliare e da questo dipenderà il loro comportamento di fronte all’inevitabile errore proprio o dei collaboratori.
Un’altra domanda interessante che ci si può porre è: “come posso far convergere la cultura dell’errore della mia organizzazione con quella delle persone che la compongono?”.
Marta: l’organizzazione può incrementare uno stile di formazione che preveda la sperimentazione dell’errore. E Per i ruoli influenzanti, anche strumenti più sottili e individuali che possono agire in modo diretto o indiretto e soprattutto rapido sulle Credenze delle persone quali ad esempio: percorsi di coaching, e consulenziali.
Questi strumenti hanno la capacità di aiutare le persone ad allineare i propri valori interni verso quelli dell’Organizzazione, limando caratteristiche interne che potrebbero risultare limitanti o bloccanti.
—stacco musicale—
Eliana: Se hai domande o vuoi qualche approfondimento in più, scrivici: saremo felici di risponderti! Nel prossimo podcast parleremo di fiducia e controllo.
Marta: Grazie per averci ascoltate da Marta Trevisan da Eliana Pellegrini di Logosme. Seguiteci sui social e visitate il sito www.logosme.it.
Alla prossima puntata.
Chi siamo
La Dott.ssa Eliana Pellegrini è psicologa iscritta all’albo degli psicologi dell’Emilia Romagna, psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale, formatrice e senior HR consultant.
La Dott.ssa Marta Trevisan è psicologa del Lavoro (Albo degli Psicologi dell’Emilia Romagna) e coach associata ad ICF (International Coach Federation).