Come il coaching aiuta ad eliminare le “tolleranze”
All’inizio del 2015 sono stata chiamata dalla Dirigente di una multinazionale che mi ha chiesto di prendere in carico come Coachee una Manager (che chiameremo Francesca) giovane, brillante, con ottime competenze e un buon potenziale di crescita. L’area aziendale a cui appartiene Francesca è caratterizzata da ritmi e carichi di lavoro molto intensi, definiti da scadenze non negoziabili, progetti di lavoro della durata di solo qualche mese. [highlight]L’obiettivo del percorso di coaching era aumentare la capacità di delega di Francesca e migliorare la sua gestione delle emozioni.[/highlight]
Durante le prime sessioni la Coachee ha riflettuto sulla sua capacità di fare richieste e sulla possibilità per lei di dire di no all’occuparsi di compiti precedentemente affidati ad altri. Nel tempo trascorso fra gli incontri Francesca si è messa alla prova su questi due temi, ottenendo buoni risultati: aveva saputo rinunciare al suo desiderio di controllo, non intervenendo fattivamente su alcune attività specifiche, sostituendolo con l’accettazione dei possibili errori e manifestando fiducia.
Alla nostra terza sessione Francesca arriva affaticata ed affranta: i risultati che aveva ottenuto in ambito lavorativo sul tema della delega erano stati inficiati (secondo un feedback della sua responsabile) da un episodio in cui la Coachee non era stata in grado di gestire le emozioni di rabbia e frustrazione, che ha capito (durante la sessione) essere originate dallo scarso equilibrio che si era creato fra la vita privata e quella lavorativa. La Coachee, molto scossa, mi guarda dritto negli occhi e afferma: sai Marta, è che non ho tempo per la mia vita! Sto rinunciando a tutto!
Dopo aver lasciato che Francesca sfogasse la sua carica emotiva, l’ho [highlight]aiutata ad esplorare quelle che Thomas Leonard (uno dei padri del coaching) definisce le “tolleranze” e che possiamo chiamare anche “sopportazioni”[/highlight], cioè quelle cose che sopportiamo, ma in ultimo non accettiamo, e che e spesso limitano la vita delle persone. Talvolta succede che queste tolleranze operino in maniera così invisibile che il Coachee non è affatto consapevole della loro esistenza, ma ne subisce le conseguenze in termini di energie e di frustrazione. Spesso siamo talmente abituati a tollerare situazioni che ormai diamo per scontato che non ci è possibile vedere come poter vivere appieno la nostra esistenza: lavorare con soddisfazione, avere una vita sociale, prendersi cura dei nostri figli, divertirsi…
[content_band bg_color=”#3b6e8f” border=”all”] [container style=”color:#fff;padding-top:40px”]Anzi, viviamo nella convinzione che il nostro tempo è già riempito del tutto e non ci è possibile liberare spazio per godere della vita. Siamo cioè più connessi con i nostri “devo” che con i nostri “voglio”, talmente abituati ad agire seguendo ciò che in realtà solo sopportiamo che non siamo più in grado di entrare in contatto con ciò che vogliamo per noi.[/container] [/content_band]
A Francesca ho proposto un esercizio che l’ha aiutata a divenire consapevole delle sue tolleranze: le ho suggerito di elencare 10 zavorre, 10 cose che stava tollerando, considerando diverse aree della sua vita (emozioni, vita di coppia, famiglia, vita professionale, salute, danaro …) e per ognuna di esse rispondere ad alcune domande:
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[icon_list_item type=”arrow-right”]Che cosa ti disturba e non vorresti?[/icon_list_item]
[icon_list_item type=”arrow-right”]Quanto ti costa tollerare questa cosa?[/icon_list_item]
[icon_list_item type=”arrow-right”]Qual è il beneficio nel tollerarla?[/icon_list_item]
[icon_list_item type=”arrow-right”]Come farai a smettere di tollerarla?[/icon_list_item]
[icon_list_item type=”arrow-right”]Chi/cosa ti può aiutare a smettere di tollerare ciò?[/icon_list_item]
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Alla fine di questo esercizio Francesca ha deciso di accettare alcune tolleranze che non poteva eliminare (ma dando loro il giusto peso), ha scelto di fare richieste ad alcune persone che si potessero far carico di questioni che la Coachee non sopportava più e ha stabilito di dire “no” ad altri.
Grazie Francesca, perché mi hai ricordato che, come sempre, la strada per il miglioramento e per la realizzazione del benessere ha inizio dalla consapevolezza e passa dall’assunzione di responsabilità.
Marta Trevisan